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14 Ottobre 2019

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Dr.ssa Afrodita Alexe

Cos'è l'ictus? definizione e classificazione

Con il nome ictus si definisce un danno cerebrale più o meno esteso, che comporta deficit neurologici transitori o permanenti, avvenuto in seguito ad un'interruzione del flusso di sangue diretto al cervello, per ostruzione (chiusura) o rottura dei vasi di sangue. 

La definizione* dell’ictus redata da OMS nel 1978 lo indica come un ‘’…deficit neurologico di causa cerebrovascolare persistente oltre le 24h oppure che porta al decesso entro le 24h’’: il progresso della ricerca scientifica in tempi moderni permette di intervenire tempestivamente con trattamenti in grado di ridurre la gravità delle conseguenze; e quindi di definire l’ictus in base alla gravità dei sintomi (ed all’urgenza d’intervento), in 2 categorie:

  •  attacco cerebrale 
  •  sindrome cerebrovascolare ischemica acuta

In base ai criteri di differenziazione (i sintomi clinici, zona cerebrale interessata, tipo di ostruzione ecc) vi esistono diversi sistemi di classificazione dell’ictus, di cui 2 principali: OCSP-la classificazione di Oxford, e la TOAST (Trial of Org 10172 in Acute Stroke Treatment).

Quali sono le cause dell'ictus?

L'ictus ischemico avviene in seguito alla chiusura di un'arteria che porta il sangue al cervello, solitamente si tratta delle arterie carotidi e/o le arterie vertebrali; l'ostruzione dell'arteria ha come conseguenza un deficit di flusso sanguigno verso le cellule cerebrali, che iniziano a soffrire e vanno incontro a lisi completa (morte cellulare) dopo 4-5 ore al massimo.

Il blocco delle arterie può essere dovuto all' accumulo di grasso sulle pareti interne del vaso di sangue od alla formazione di un coagulo di sangue (trombo); l'accumulo di piccoli frammenti di grasso può condurre alla formazione di ateromi - o placche- che continueranno ad ingrandirsi fino ad ostruire parzialmente o completamente l'arteria: è il meccanismo dell'aterosclerosi. 

Il blocco delle arterie può avvenire in seguito a 3 meccanismi principali:

-la formazione di ateromi e/o trombi interessa un vaso di sangue principale, ostruendolo totalmente: la placca si ingrandisce fino ad otturare il lume del vaso sanguigno, il flusso di sangue rallenta e si formano coaguli che completano l'otturazione; ciò comporta l'interruzione del flusso sanguigno verso la parte del cervello irrorata dall'arteria ostruita

-lo spostamento di un coagulo e/o di un frammento di ateroma da un vaso di sangue ad altro: il meccanismo di formazione dell'embolo (ci sono più probabilità di comparsa ed evoluzione di emboli, sulle arterie già colpite da aterosclerosi); la conseguenza è l'ostruzione di più vasi sanguigni, con comparsa di danno cerebrale più esteso (in corrispondenza delle zone irrorate dalle arterie coinvolte)

-lo spostamento di coaguli dal cuore verso le arterie cerebrali e carotidi: i coaguli di sangue si possono formare anche nel cuore, in seguito a malattie cardiache come l'infezione dell'endocardio (endocardite), le valvulopatie, le alterazioni del ritmo cardiaco- in particolar modo il ritmo cardiaco rapido ed irregolarmente irregolare, ovvero la fibrillazione atriale.

Come già visto, la fibrillazione atriale è il nome del disturbo cardiaco che nasce come risultato della formazione di impulsi elettrici rapidi ed irregolari nelle camere superiori de cuore, ovvero gli atri; parte di queste scariche elettriche inducono la nascita di altre simili nelle camere inferiori del cuore, dette ventricoli, provocandone la contrazione più rapida e meno efficace di quanto dovvrebbe essere, col risultato di incompleto svuotamento del cuore e comparsa del circolo vizioso dei cosiddetti ''battiti irregolarmente irregolari''.

TIA-Attacco ischemico transitorio: cos'è e quali sono le conseguenze?

Non sempre il blocco di un'arteria cerebrale porta all'ictus: se il trombo o l'ateroma si rompono rapidamente, entro 15-30 minuti dalla formazione, il flusso di sangue riprende normalmente ed i sintomi scompaiono oppure neanche si presentano (in funzione della velocità di rottura e della zona cerebrale irrorata).

In questi casi si va incontro ad un TIA, ovvero attacco ischemico transitorio, che non lascia danno neurologico permanente e si risolve completamente nell'arco di 1'ora; ma può essere segno di ictus ischemico imminente: il rischio di ictus è massimo nelle prime 24-48 ore dopo un TIA, rimane comunque molto alto - 1 persona su 5 che hanno avuto un TIA, sviluppa un ictus a distanza di massimo 1 anno - ed è un rischio maggiore nelle persone sopra i 65 anni ed in presenza di patologie correlate (diabete, sindrome metabolica, malattia renale, BPOC).

I segni clinici e sintomi dell'ictus

I sintomi dell’ictus si manifestano improvvisamente, nell’arco di alcuni minuti, con intensità che dipende dalla zona cerebrale interessata e dal tipo stesso di ictus: nella maggior parte dei casi i sintomi si risolvono spontaneamente, quando si va incontro ad un evento TIA.

 Nei casi più gravi, l’insorgenza e sviluppo progressivo della sintomatologia dipendono dalla superficie cerebrale danneggiata e quindi esprimono difficoltà connesse alle funzioni neurologiche alterate:

  • -intorpidimento o senso di debolezza improvviso a livello del viso, delle braccia o delle gambe (la deriva di un braccio; difficoltà di deambulazione o di coordinazione)
  • -perdita di sensibilità o sensazione di formicolii in metà corpo
  • -difficoltà a parlare e/o a capire le parole altrui (afasia; disartria)
  • -improvvisa difficoltà visiva da un occhio, incapacità di visione periferica (perdita parziale di campo visivo) - emianopsia
  • -confusione, vertigini non isolate eventualmente associate a nausea e/o vomito
  • -il mal di testa: non comune nell’ictus ischemico, è associato a quello emorragico (in seguito ad una emorragia cerebrale) e si presenta improvvisamente, molto più forte della sensazione comune, paragonabile ad un forte colpo alla nuca

Quali sono i fattori di rischio dell’ictus?

Il riconoscimento precoce dei fattori di rischio costituisce una condizione sine qua non per la prevenzione sia primaria che secondaria dell’ictus: vi sono stati individuati fattori di rischio generali e specifici, modificabili e non modificabili con interventi farmacologici e complementari (interventi sullo stile ed abitudini di vita).

 Conoscere i fattori di rischio permette quindi di classificare l’evento clinico in modo preciso, per stabilire ulteriormente la migliore tipologia di intervento.

I fattori non modificabili si riferiscono all’età, razza, sesso, fattori genetici (ereditarietà); il rischio maggiore si presenta per le persone sopra i 65 anni, in prevalenza per gli uomini di razza caucasica; il ruolo della predisposizione genetica nell’evento ictus non è ancora del tutto chiarito.

I fattori modificabili sono stati individuati in seguito a studi scientifici ben documentati e si riferiscono a:

-ipertensione arteriosa

-fibrillazione atriale

-cardiopatie e coronaropatie

-diabete

-dislipidemie, il grande gruppo delle disfunzioni metaboliche del colesterolo e dei trigliceridi

-obesità

-anemia primaria

-fumo; eccesso di alcol; uso di sostanze stupefacenti

-sedentarietà

Oltre a questi fattori documentati, la ricerca scientifica prende in considerazione anche altre possibili disturbi, disfunzioni o condizioni concausanti, il cui ruolo comunque non è ancora stabilito: la sindrome metabolica, l’insonnia cronica, la sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno, la depressione, lo stato infiammatorio/infettivo cronico, le malattie infiammatorie intestinali, le terapie sostitutive ormonali.

Tra tutti, la cardiopatia ischemica e la fibrillazione atriale sono i fattori di rischio maggiore nel verificarsi di un ictus cardioembolico (cioè dovuto ad un trombo formatosi per ristagno di sangue nelle camere superiori del cuore, ovvero gli atri, trombo che portato nella circolazione si trasforma in embolo provocando un danno ischemico).

L'ictus si può prevenire? quali esami ed indagini sono indicativi?

Conoscere i segni e sintomi premonitori degli eventi cardio-cerebrali a rischio maggiore è di massima importanza per la prevenzione e cura degli stessi: le linee-guida raccomandano nella prassi comune il monitoraggio della pressione arteriosa ambulatoriale e soprattutto domiciliare, l'esecuzione di elettrocardiogramma (ed eventuale holter pressorio ), il monitoraggio dei parametri biologici basali (colesterolo, trigliceridi, glicemia), nonchè l'adozione di uno stile di vita salutare (controllo del peso, abolizione del fumo e del consumo di alcolici, seguire attività fisica idonea).

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fonte essenziale:

http://stroke.ahajournals.org/content/44/3/870

(Jauch EC, Saver JL, Adams HP Jr et all: Guidelines for the early management of patients )