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12 Maggio 2024

aggiornato il 12/05/2024

drssa Afrodita Alexe

La pressione arteriosa alta o ipertensione arteriosa è una condizione fisio-patologica nella quale la pressione del sangue nel sistema circolatorio risulta essere più alta del dovuto, con conseguente aumento di sforzo lavorativo soprattutto per il cuore e poi per altri organi e sistemi funzionali.

L’organismo mette in atto vari meccanismi di controllo della pressione arteriosa; la regolazione pressoria avviene per coinvolgimento di diversi siti d’azione a livello del cuore, dei vasi di sangue, dei reni.

In base al sito di controllo pressorio e quindi al meccanismo d’azione, i farmaci antipertensivi vengono classificati in 4 grandi categorie:

  • -farmaci con azione sull’equilibrio sodio-acqua: diuretici
  • -farmaci con azione sul sistema nervoso ortosimpatico: simpaticolitici ad azione centrale; simpaticolitici ad azione periferica
  • -farmaci con azione sulla resistenza vasale periferica: vasodilatatori; calcio-antagonisti
  • -farmaci con azione sul sistema renina-angiotensina-aldosterone: ACE-inibitori; sartani

Cosa sono e quali sono i farmaci simpaticolitici antipertensivi?

Con il nome ‘’simpaticolitici’’ si definiscono i farmaci, largamente utilizzati in pratica medica, che agiscono per inibizione a livello del sistema nervoso simpatico inducendo azione antipertensiva - effetto di riduzione dei valori della pressione arteriosa - in modo diretto od indiretto.

Per meccanismo d’azione, essi vengono classificati in:

Sostanze attive a livello centrale:

  • antagonisti dei recettori alfa2-adrenergici (clonidina, moxonidina, guanfacina, guanabenz, alfa-metildopa)
  • ganglioplegici (trimetafano, esametonio)
  • bloccanti del neurone adrenergico (reserpina, guanetidina)

Sostanze attive a livello periferico:

  • antagonisti alfa1-adrenergici (prazosina, doxazosina, alfuzosina, terazosina)
  • antagonisti beta-adrenergici (atenololo, propranololo, metoprololo)
  • antagonisti adrenergici non selettivi (labetalolo, carvedilolo)

 

La categoria dei farmaci agonisti dei recettori alfa2-adrenergici conta la clonidina, moxonidina, guanfacina, guanabenz, alfa-metildopa.

Questi farmaci, utilizzati da tempo in terapia dell’ipertensione arteriosa essenziale e talora nel controllo delle emergenze ipertensive, hanno un meccanismo d’azione complesso e non del tutto chiaro:

-- a livello centrale, per attivazione dei recettori alfa2-adrenergici, determinerebbero la riduzione dell’efferenza simpatica del SNC, quindi la riduzione delle resistenze vascolari periferiche, della frequenza cardiaca, inibizione del rilascio della renina.

-- a livello periferico, la loro azione è doppia: sia vasocostrizione, per azione sui recettori alfa2-postsinaptico, sia vasodilatazione, per inibizione del rilascio della noradrenalina.

Questi farmaci sono impiegati nel trattamento dell’ipertensione arteriosa lieve e moderata e nelle emergenze ipertensive; presentano effetti collaterali importanti, per cui non sono la prima scelta nella cura della ipertensione arteriosa ma vengono aggiunti in terapia qualora altri farmaci antipertensivi non hanno efficacia terapeutica.

Tra le reazioni avverse, vi sono

  • secchezza delle mucose e delle fauci,
  • sonnolenza e sedazione,
  • rash cutaneo e dermatite,
  • cefalea,
  • nausea e vomito,
  • ipotensione ortostatica;
  • molto importante è la sindrome da sospensione improvvisa del trattamento con ipertensione da rimbalzo:motivo per cui l’interruzione della cura va impostata gradualmente in un periodo di 4-6 giorni.

La alfa-metildopa, per le sue caratteristiche particolari, è riservata per il controllo dell’ipertensione arteriosa in gravidanza.

I ganglioplegici ed i bloccanti del neurone adrenergico, in passato usati per la marcata attività ipopressoria, attualmente sono stati accantonati per via degli importanti effetti avversi (un ceno particolare alla depressione SNC indotta dalla reserpina).

Gli antagonisti alfa1-adrenergici

largamente utilizzati in pratica medica, sono la doxazosina, la prazosina, la alfuzosina, la terazosina, ed in più indoramina ed urapidil.

Questi farmaci agiscono per inibizione reversibile del recettore alfa1-adrenergico, con vasodilatazione sia arteriosa che venosa; presentano anche attività sui canali di Calcio e di inibizione delle fosfodiesterasi, con consequente incremento dell’effetto antipertensivo.

Sono farmaci ben tollerati, con meno effetti avversi rispetto alla prima categoria, ed indicati in tutte le forme di ipertensione arteriosa, in mono o politerapia; all’inizio del trattamento vi può comparire il fenomeno dell’ipotensione ortostatica, per cui è consigliato iniziare la cura con piccole dosi da assumere la sera, fino alla stabilizzazione dell’effetto ipotensivo.

Tra gli effetti avversi si contano

  • secchezza delle mucose e delle fauci,
  • tosse secca da irritazione e secchezza della gola,
  • cefalea e vertigini,
  • ipotensione ortostatica - effetto prima dose

 

La classe dei farmaci antipertensivi antagonisti beta-adrenergici

presenta come meccanismo d’azione l’effetto di inibizione sulle risposte mediate dai recettori beta-adrenergici avute in seguito all’attivazione del sistema simpatico.

In base al sito d’azione ed alla risposta mediata, vi si trovano 3 sottogruppi:

L’effetto antipertensivo dei betabloccanti si manifesta per :

-riduzione della frequenza, contrattilità e conduzione atrio-ventricolare del cuore,

-riduzione del rilascio della renina,

-vasocostrizione delle arterie muscolari;

-attività simpaticomimetica intrinseca (solo alcune molecole);

-azione diretta sui centri nervosi che regolano l’attività cardio-vascolare;

-inibizione del rilascio di noradrenalina a livello dei neuroni adrenergici periferici (solo le molecole altamente lipofili).

I betabloccanti sono impiegati come farmaci antipertensivi nella terapia dell’ipertensione arteriosa di tutti i gradi, nella prevenzione secondaria dell’infarto e dell’ictus, nella cura delle aritmie e dell’insufficienza cardiaca, dell’angina pectoris, della cardiomiopatia ipertrofica.

Tra gli effetti avversi più importanti vi sono :

-le crisi ipotensive;

-la sindrome di sospensione (per up-regulation recettoriale);

-il blocco atrio-ventricolare / asistolia;

-broncospasmo, crisi asmatiche (i non-selettivi);

-tra l’altro possono mascherare/nascondere gli effetti dell’ipoglicemia, quindi l’impiego come antipertensivo nel paziente diabetico presenta controindicazioni parziali o totali.

Quali sono le interazioni dei betabloccanti con altri farmaci?

Gli antipertensivi betabloccanti presentano interazioni con altri farmaci in seguito alle quali si possono verificare effetti aversi e reazioni indesiderate anche gravi; le più importanti interazioni con altri farmaci sono

sali d’alluminio e colestiramina possono ridurre l’assorbimento gastrointestinale dei betabloccanti

fenitoina, fenobarbital e rifampicina inducono gli enzimi metabolici a livello epatico aumentando il metabolismo e quindi diminuendo le concentrazioni plasmatiche del propranololo

• cimetidina ed idralazina aumentano le concentrazioni sieriche di propranololo e metoprololo per riduzione del metabolismo

• verapamil o diltiazem in associazione ai betabloccanti possono provocare blocco cardiaco per gli effetti additivi sul sistema di conduzione

. teofillina e similari: aumento della tossicità 

clonidina e alfametildopa: possibile ipertensione paradossa

• clorpromazina: aumento dell’effetto di entrambi per reciproca inibizione del metabolismo

estroprogestinici: incremento dell’effetto dei betabloccanti per riduzione del metabolismo

 

Le linee guida EHC-ESC raccomandano fortemente il monitoraggio attivo del trattamento antipertensivo, soprattutto in politerapia farmacologica, ribadendo l’importanza del controllo pressorio in ambulatorio o domiciliare: misurando frequentemente la pressione arteriosa e annotando eventuali sbalzi pressori ed effetti indesiderati dei farmaci, per aggiustare efficacemente le dosi e le associazioni dei diversi farmaci in modo da impostare il giusto percorso di cura farmacologica. In questo contesto, il ruolo del farmacista è fondamentale in quanto figura professionale in grado di ottimizzare a massimi livelli l'aderenza terapeutica della persona in carico.

Per il controllo pressorio, oltre alla misurazione costante della pressione arteriosa, il medico può indicare di eseguire il Holter pressorio e/o altri approfondimenti sull’attività cardiaca (parametri biochimici, ECG, Holter cardiaco, altre indagini ed esami specifici).

 

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