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07 Settembre 2018

Nella terapia farmacologica della ipertensione arteriosa troviamo, oltre i diuretici ed i farmaci ad azione centrale, la grande classe dei farmaci vasodilatatori: si tratta di una categoria di sostanze ad azione diretta ed indiretta sulla muscolatura liscia delle arterie e delle vene, tramite vari meccanismi biochimici, in funzione dei quali i vasodilatatori si classificano in varie classi di cui 2 principali: i bloccanti dei canali di calcio e i nitroderivati.

Gli antagonisti del calcio esplicano la loro azione per inibizione dell’attività dei canali portatori del calcio presenti a livello del muscolo liscio dei vasi sanguigni. Il calcio è direttamente impegnato nel processo di contrazione del muscolo: l’aumento della concentrazione intracellulare di ioni di calcio comporta l’attivazione della cascata della contrazione muscolare, per attivazione biochimica (i Ca2+ formano un complesso con una proteina plasmatica chiamata calmodulina, con conseguente attivazione di un enzima che induce la fosforilazione della miosina, reazione chimica che si traduce per contrazione della fibra muscolare liscia). Inibendo i canali portatori di calcio, si agisce a monte della cascata di contrazione muscolare, con induzione di rilassamento della muscolo liscio vasale, quindi vasodilatazione sistemica.

Di questa classe di sostanze fanno parte le diidropiridine: amlodipina (Norvasc), felodipina (Plendil), nifedipina (Adalat), lacidipina (Ladip), lercanidipina (Leridip), sono le più utilizzate in pratica medica. Sulle arterie coronarie inducono vasodilatazione e aumento del debito sanguigno, effetto migliore sui vasi indenni e limitato sui vasi aterosclerotici; sulla circolazione sistemica, diminuiscono la resistenza vascolare periferica con effetto ipotensivo arterioso. Le sostanze di questa classe presentano selettività differente per i vari tessuti impegnati nel meccanismo dell’ipertensione arteriosa: ad esempio, la nifedipina ha maggiore selettività per il muscolo liscio vascolare, minore per il miocardio, molto ridotta per il tessuto nodale cardiaco. Le diidropiridine sono indicate in mono o politerapia della ipertensione arteriosa essenziale e secondaria, della angina pectoralis e delle aritmie cardiache. Gli effetti avversi comuni della classe sono: disturbi del sonno, secchezza delle mucose, cefalea, vertigini, confusione, disturbi della vista, nausea, palpitazioni, edema polmonare o periferico.

Il secondo sottogruppo di vasodilatatori antipertensivi antagonisti del calcio comprende i derivati di benzotiazepina, il verapamil (Isoptin) e il diltiazem ((Altiazem), che agiscono come bloccanti selettivi dei canali di calcio, con effetti cardiaci diretti. Sono impiegati nel trattamento della ipertensione arteriosa gradi I-III, della tachicardia sopraventricolare, extrasistole, fibrillazione atriale, cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva; nella profilassi della angina da sforzo e nel periodo post-infarto. Gli effetti avversi maggiori sono l’ipotensione indotta, cefalea, confusione, bradicardia, insufficienza cardiaca; possono indurre secchezza delle mucose e disturbi gastro-intestinali; è sconsigliata l’associazione in politerapia con i betabloccanti.

I nitroderivati sono un gruppo di sostanze ad azione vasodilatatoria che esplicano il loro effetto per il rilascio di monossido di azoto (NO) una molecola gassosa prodotta naturalmente nelle cellule endoteliali dei vasi sanguigni; il suo rilascio nella circolazione conduce a una cascata di segnali chimici con effetto finale di rilassamento della muscolatura vasale e quindi vasodilatazione. Dati gli effetti diretti cardiaci, sono più utilizzati nel trattamento di tutte le forme di angina pectoris, insufficienza cardiaca, edema polmonare acuto cardiogeno; nella profilassi pre e post-infarto. Vi fanno parte la nitroglicerina, l’isosorbide mononitrato (Monoket), l’isosorbide dinitrato (Carvasin); il nitroprussiato di sodio viene utilizzato nel trattamento delle crisi ipertensive e dello shock cardiogeno. Come effetti avversi si possono presentare ipotensione arteriosa, lipotimia, cefalea, turbe e dolori a livello dei globi oculari, sincope.

Una terza categoria di attivi antipertensivi vasodilatatori esplica l’azione ipotensiva per inibizione degli enzimi fosfodiesterasi, le PDE3 e le PDE5; attualmente alcuni di questi principi attivi, anche se nati come antipertensivi, sono impiegati nella terapia della disfunzionalità erettile (sildenafil, vardenafil).

La maggior parte dei vasodilatatori antipertensivi presenta come effetti avversi comuni l’ipotensione, compresa l’ipotensione ortostatica, la tachicardia riflessa, la ritenzione renale di sodio. È stata evidenziata la necessità, come anche per gli altri farmaci impiegati nella terapia antipertensiva, del monitoraggio costante dei valori di pressione arteriosa, per ridurre i rischi d’insorgenza delle reazioni indesiderate e per ottimizzare le associazioni farmacologiche in politerapia (bilanciare le dosi giornaliere, sostituire i farmaci non rispondenti con altri di maggiore aderenza). La misurazione della pressione arteriosa, sia con i misuratori di pressione tradizionali sia con i mezzi più avanzati (come l’Holter pressorio) può essere eseguita in ambulatorio durante le visite mediche oppure, più consigliato ancora, nell’ambito domiciliare, utilizzando uno dei dispositivi sfigmomanometri disponibili in commercio, validati e certificati per l’autoanalisi.

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