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14 Maggio 2020

Risultato immagini per coronavirus

Dr.ssa Afrodita Alexe

Nell’ambito della terapia funzionale della malattia virale Covid-19, provocata dal nuovo coronavirus denominato SARS-Cov-2, ad oggi non vi sono farmaci con comprovata azione diretta contro il virus stesso (né come vaccino, né come altro tipo di farmaco).

La cura della malattia virale indotta dal nuovo coronavirus si basa sulla riduzione dei sintomi, da lievi a gravi, sia con farmaci già conosciuti ed utilizzati nella pratica clinica sia con nuove molecole oggetti di test e studi clinici e sperimentali: come riportato dalla AIFA, ‘’ L’uso off-label (dei farmaci-n.a.) è consentito unicamente nell’ambito del piano nazionale di gestione dell’emergenza COVID-19 e nel rispetto degli elementi di seguito riportati’’.

Le classi di farmaci impiegati nelle cure sintomatiche della Covid-19 sono: antipiretici; antiinfiammatori (inclusi i derivati amino-chinolinici) e cortisonici; anticorpi monoclonali; antiretrovirali; eparine a basso peso molecolare; antibiotici a largo spettro d’azione.

https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19

Covid-19 e i derivati amino-chinolinici

Recentemente sono stati introdotti negli studi clinici e sperimentali 2 farmaci già utilizzati per il trattamento della malaria, di alcune malattie auto-immuni (lupus eritematoso, artrite reumatoide): si tratta di clorochina e di idrossiclorochina (Plaquenil). Dai dati disponibili, si evidenzia che la clorochina e l’idrossiclorochina hanno dimostrato effetto antivirale in vitro e si presume che siano in grado di bloccare la replicazione virale a dosi terapeutiche standard: in corso gli studi clinici sui pazienti clinici Covid-19 sia di minore gravità, sia ospedalizzati.

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1123276/idrossiclorochina_29.04.2020.pdf/386d6ea3-c79b-6437-f457-23d33df74256

Covid-19 e i cortisonici

Le indicazioni nell’utilizzo dei cortisonici seguono diversi razionali: dal protocollo che li vede inseriti a bassi dosaggi sin dalla fase II della malattia virale, a quello che invece li prevede a dosi forti solo nei pazienti in ampio distress respiratorio. La scelta del farmaco (forma farmaceutica, dose e tempi di somministrazione) spetta agli specialisti, in base alla valutazione del caso clinico in specie.

Covid-19 e gli anticorpi monoclonali

Le molecole dette ‘’anticorpi monoclonali’’ fanno parte della classe delle immunoglobuline, sostanze elaborate nel nostro corpo e rilasciate nel circolo sanguigno in seguito a stimolo provocato da un corpo estraneo all’ambiente tissutale/cellulare, ovvero un antigene (quindi responsabile della reazione immunologica). Gli anticorpi monoclonali possono agire con vari meccanismi d’azione: ad esempio bloccare il rilascio di molecole pro-infiammatorie quali interleuchine, come nel caso del tocilizumab che ha effetto immunosoppressore inibendo l’interleuchina IL-6, una citochina coinvolta nell’infiammazione cronica degenerativa (nel decorso di malattie autoimmuni e tumorali). Il tocilizumab è attualmente oggetto di studi clinici e sperimentali essendo utilizzato (in ambito strettamente ospedaliero) nei pazienti affetti da Covid-19 in fase II e III (con complicazioni gravi quali polmonite interstiziale e forte distress respiratorio).

Nella seconda metà del mese di aprile è stato dato il via allo studio clinico e sperimentale anche per sarilumab, facente parte della stessa classe di molecole, con indicazioni simili al tocilizumab: i primi risultati promettenti fanno sperare gli specialisti nella possibilità di sviluppare un protocollo di terapia farmacologica più specifica nei casi clinici a quadro grave e molto grave di sindrome respiratoria dovuta al SARS-CoV-2.

Della sperimentazione clinica fanno parte altre 2 molecole – emapalumab (anticorpo monoclonale anti-gamma-Interferone) e anakinra – antagonista del recettore dell’interleukina-1), impiegati nella cura dei sintomi gravi e molto gravi di distress respiratorio da Covid-19.

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1131319/Sobi.IMMUNO-101_documenti.zip 

Covid-19 e gli antivirali

Attualmente vi sono attuati numerosi studi clinici e sperimentali sull’utilizzo dei farmaci antivirali già impiegati nella cura della AIDS (malattia virale provocata da HIV). Tra questi farmaci, si pone particolare attenzione sulle associazioni darunavir/cobicistat e lopinavir/ritonavir, molecole già testate sui coronavirus responsabili di SARS e MERS; anche se i risultati messi a disposizione dalla letteratura scientifica sono parziali e disparati, vi sono evidenze positive che suggeriscono la possibilità di miglioramento di alcuni parametri clinici dei pazienti (riguardo ai sintomi del distress respiratorio).

Gli antivirali attualmente impiegati – remdesivir, darunavir, lopinavir, ritonavir, atazanavir – sono molecole ad azione antiretrovirale, ovvero inibitori della replicazione del virus per azione diretta sulle proteasi (enzimi che catalizzano la rottura delle poliproteine virali, nel processo di formazione di frammenti virali funzionali al fine della replicazione virale). Cercando di inibire le proteasi, si cerca di fermare lo sviluppo di nuove particelle virali attive, favorendo poi l’azione del sistema immunitario innato del nostro organismo nella distruzione delle particelle virali ‘’madri’’.

Per approfondimenti e ulteriori informazioni: click sul link sotto

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1131319/covid-19_sperimentazioni_in_corso_27.03.2020.pdf/b2391bac-7920-0945-51a1-66db453053cf

Covid-19 e le eparine a basso peso molecolare

Le eparine a basso peso molecolare – EBPM - ‘’…sono utilizzate nella profilassi del tromboembolismo venoso post chirurgico e del tromboembolismo venoso in pazienti NON chirurgici affetti da una patologia acuta (come ad esempio insufficienza cardiaca acuta, insufficienza respiratoria, infezioni gravi o malattie reumatiche) e mobilità ridotta ad aumentato rischio di tromboembolismo venoso. Sono inoltre utilizzate nel trattamento della trombosi venosa profonda e dell’embolia polmonare e della sindrome coronarica acuta’’ (Eparine a basso peso molecolare nei pazienti adulti con COVID-19 – AIFA comunicazione del 11.04.2020).

In questo contesto, le EBPM trovano indicazione terapeutica nei pazienti affetti da polmonite che determina ipomobilità/costrizione a letto del paziente; sia nel trattamento che nella prevenzione dei fenomeni trombotici a partire dalla circolazione polmonare e per ridurre i sintomi dell’iper-infiammazione nel tessuto polmonare.

Covid-19 e gli antibiotici

Nella cura della malattia virale da nuovo coronavirus, come in tutte le malattie virali, gli antibiotici sono utilizzati allo scopo di profilassi e trattamento delle sovrainfezioni batteriche che possono insorgere come complicanze. I risultati degli studi condotti finora sull’utilizzo degli antibiotici in questo senso sono parziali e disparati, suggerendo la necessità urgente di condurre ulteriori studi randomizzati. I dati raccolti ad oggi si incentrano sull’utilizzo dei macrolidi, antibiotici a largo spettro d’azione che agiscono per inibizione del ribosoma batterico e di conseguenza della sintesi proteica dei batteri. Il macrolide maggiormente preso in carico è la azitromicina, antibiotico autorizzato per il trattamento delle infezioni batteriche delle alte e basse vie respiratorie, della cute e dei tessuti molli, a carico del cavo orale, dell’apparato uro-genitale ecc.; oltre all’azione antibatterica , l’azitromicina si è dimostrata in grado di ridurre l’infiammazione tissutale e regolare la risposta immunitaria esacerbata, nei pazienti Covid-19: tuttavia per confermare tali risultati si ribadisce la necessità di condurre ulteriori indagini cliniche più approfondite e meglio organizzate.

Azitromicina nella terapia dei pazienti adulti con COVID-19 Update del 5 maggio 2020 (prima pubblicazione: 9 aprile 2020) – comunicazione AIFA – aifa.gov.it

Tutti questi farmaci sono riservati all’ambito clinico/ospedaliero; la scelta dei farmaci nel trattamento sintomatico della Covid-19 spetta agli specialisti: il nuovo coronavirus continua ad essere oggetto di intensa ricerca scientifica e collaborazione tra gli specialisti a livello globale. Per la prevenzione della malattia e riduzione del rischio di contagio, ad oggi l’unica modalità risultata efficace consiste nel distanziamento sociale e nel corretto e costante utilizzo dei dispositivi di auto-protezione così come indicato dalle autorità sanitarie.

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