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25 Ottobre 2017

Come animale da compagnia, facente parte a tutti gli effetti dal nucleo familiare, il gatto è senz’altro molto presente nelle case italiane: secondo l’ultima stima di Assalco-Zoomark, nel rapporto stillato a giugno 2017, sul territorio nazionale sono presenti circa 7,5 milioni di gatti (censiti) di cui circa 85% hanno un veterinario di fiducia e vi sono visitati regolarmente almeno una volta all’anno.  

Stimare il numero di gatti domestici che vivono esclusivamente in casa non è semplice: in 7 casi su 10 i gatti hanno anche libero accesso a giardini o spazi verdi liberi confinanti con lo spazio ‘’di proprietà’’, una libertà di movimento che del resto si addice alla loro personalità indipendente e curiosa. Il gatto è un carnivoro obbligato opportunista, fa da 7 a 20 pasti in 24h indiscriminatamente diurno e notturno, il cibo per lui non ha valore sociale (come può essere nel caso del cane) ma puramente biologico. Si stima che il 70% dei proprietari di gatti li nutrono con cibo industriale, umido e secco, in gran parte sotto il consiglio dello specialista; tipo di cibo generalmente apprezzato e considerato qualitativamente consono a coprire i fabbisogni nutrizionali del gatto. In commercio si trova un gran ventaglio di preparazioni, dal cibo comune alle formulazioni addizionate e a quelle per fabbisogni particolari (disturbi metabolici, allergie e intolleranze, patologie gastro-intestinali o renali ecc). Una particolare attenzione si pone nella formulazione di cibo HFC, per la quale si usano materie prime destinate in partenza al consumo umano: cioè materie prime di alta qualità, senza additivi aggiunti, le cui filiere sono rintracciabili sino all’origine. C’è infine una piccola percentuale di persone che scelgono il ‘’fai da te’’: la preparazione del cibo in casa richiede più tempo ed è più vicina al concetto ‘’organico biologico’’. 

Qualunque sia la tipologia di cibo che scegliamo per il nostro gatto, le regole dell’alimentazione bilanciata dovranno essere sempre seguite.  I fattori di rischio dell’obesità nei gatti sono in primis l’alimentazione, poi la sedentarietà, l’età ed il sesso (i maschi sterilizzati sono più soggetti). La valutazione del BCS (Body Condition Score) è soggettiva e individuale e si basa soprattutto sull’analisi morfologica approfondita dell’animale; generalmente si considera normopeso un gatto in cui il valore CT (circonferenza torace) è compreso tra 22 e 34 ed è direttamente proporzionale con il valore RG (rotula-garretto) compreso tra 10 e 19. Nei gatti, il grasso si accumula a livello addominale (addome ventrale, intra-addominale), della faccia e del collo; nel gatto obeso, risulta difficile individuare a palpazione il contorno osseo delle articolazioni (bordo costale, collo, gambe), inoltre l’addome è sovradimensionato e presenta quasi sempre una massa ventrale peduncolare. Le conseguenze dell’obesità comprendono rischio d’insorgenza di diabete, lipidosi epatica, malattie croniche osteoarticolari, malattie cardiovascolari. 

Per stillare un piano di dimagrimento funzionale, il medico farà la valutazione BCS e peso ottimale individuale, l’analisi dell’alimentazione in uso e il calcolo del fabbisogno energetico attuale. In base ai risultati ottenuti imposterà le modifiche nell’alimentazione calcolando il fabbisogno energetico di mantenimento e calcolando il giusto tempo necessario per un calo ponderale equilibrato. La dieta ottimale dovrà contenere una percentuale alta di proteine (30-40%), media-bassa di carboidrati (<30%) e di grassi (10-15%), alta di fibra insolubile (>10%); l’eventuale aggiunta nelle formulazioni di L-carnitina (aminoacido deputato al trasporto degli acidi grassi a lunga catena all’interno dei mitocondri per essere metabolizzati). Inoltre, il piano di dimagrimento dovrà essere mantenuto attuando le eventuali correzioni abitudinali richieste: ridurre/eliminare gli extrapasti o i ‘’premi’’ (avanzi di cucina ecc); aumentare l’attività fisica (sotto forma di gioco o altro). 

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